A tutti può capitare di sperimentare una relazione tossica, che sia con un partner, con i familiari o con un amico/a. Questo argomento è piuttosto vasto perché ci sono diversi modi per far sì che una relazione sia tossica, però in generale l’elemento distintivo è: come ci sentiamo noi dentro, quindi non è detto che ciò che è tossico per una persona, lo sia anche per un’altra.
Caratteristiche di una relazione tossica
Sebbene sia difficile darne una definizione univoca, sicuramente una relazione di questo tipo è caratterizzata da uno squilibrio tra le pari in cui: una delle due persone rischia di sentirsi annullata, assorbita e screditata, mentre l’altra manipola, accusa e quindi, fa sentire in colpa, continuamente sbagliati, in dubbio sulle proprie sensazioni, su ciò che si è detto o capito.
Si realizza una sorta di “contagio emotivo” in cui, la negatività dell’altro, schiaccia, intrappola e blocca ogni possibile cambiamento, rischiando d’innescare una sorta di dipendenza psicologica dalla persona che ci fa star male. Relazioni con un narcisista, un antisociale, con persone che soffrono di gravi dipendenze e, talvolta, anche con chi soffre di un disturbo borderline di personalità, creano un contesto tossico; ma anche certi tipi di sistema familiare basati sulla colpevolizzazione, sull’ansia, sulla riduzione dei tentativi di autonomia e distacco possono fare altrettanto. Talvolta, anche se non si convive più con la propria famiglia, si può avere la sensazione di sentirsi fagocitati quando se ne entra in contatto. E infine anche le amicizie o le relazioni coi colleghi possono avere degli elementi per noi tossici.
Cosa fare in questi casi?
Purtroppo occorre fare una scelta faticosa e difficile, ma è l’unica che permette di riprendere a star bene, a mettere il proprio benessere come priorità e, forse, a far capire all’altro/a che c’è bisogno di un cambiamento: interrompere la relazione. In molti di questi casi, conviene chiudere ed allontanarsi, anche se questo significa dovere stare da soli, affrontare dei cambiamenti di vita e far i conti con il sentirsi inizialmente sbagliati, confusi e in colpa. Oppure si possono imparare delle tecniche per stare ugualmente in queste relazioni, ma creandosi una sorta di corazza, che si basa sulla consapevolezza di queste dinamiche e un far rispettare dei confini, in modo da impedire all’altro di “entrare dentro” e stare male.
La Terapia Cognitivo Comportamentale
Nei casi più gravi, spesso c’è bisogno di una psicoterapia di tipo Cognitivo Comportamentale, sia per la persona “tossica” (che spesso non chiede aiuto, non ne è consapevole e che, anzi, proietta sull’altro tutti gli errori), sia per la persona che subisce questa tossicità, perché ci si sente svuotati, increduli e confusi (“ma non è che sono io che sbaglio?”). In questo modo si può progressivamente imparare ad allontanarsi o a gestire l’altra persona senza annullarsi, perché stare con persone tossiche è estremamente invischiante.
E’ importante chiedersi: “Come sto?” durante e subito dopo che ho visto quella o quelle persone e “Che cosa mi sta lasciando dentro?”.
Le relazioni “buone” sono quelle che ci arricchiscono, ci lasciano liberi di scegliere e anche di sbagliare, con cui sentiamo di evolvere, oppure in cui ci sentiamo rasserenati (il solo “star lì” va bene, così com’è). Sono quel tipo di relazioni che ci nutrono. Se invece ci sentiamo appesantiti, schiacciati, agitati, vuoti e proviamo vergogna e umiliazione, allora potremmo essere dentro ad una relazione che non va bene per noi.
Questo non significa che le persone non debbano mai criticarci, avere opinioni diverse, o non dirci che stiamo sbagliando; ma è diverso quando io so che di base c’è un terreno di rispetto, fiducia e reale interesse per me da quando c’è un tentativo di manipolarmi e alterare la mia visione della realtà, per assecondare i bisogni dell’altro, non farmi contrapporre ed esser libero/a di scegliere liberamente.
L’elemento da tenere in considerazione per discernere la relazione tossica da una che non lo è sono le NOSTRE EMOZIONI, come ci sentiamo dentro, nel nostro profondo.
Ultima cosa: attenzione a quella che si può definire come “sindrome del/della crocerossino/a”, ossia quella tendenza a pensare che: “io cambierò l’altro” o “con me sarà diverso/a”. Ricordiamoci che: le persone non cambiano a meno che non lo scelgano loro stessi. Quindi è meglio concentrarci su di noi perchè: se non stiamo bene, non staremo bene neanche con chi ci sta accanto.
Dott.ssa Michela Arru
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