Lo smog dei pensieri
Una grande quantità dei nostri pensieri non è particolarmente utile. Parliamo della naturale tendenza umana a farsi assorbire e catturare dai pensieri che riguardano cose non risolvibili, fuori dal nostro controllo e che non apportano benessere alla nostra vita.
La nostra mente sembra avere il vizio di soffermarsi sui dolori del passato, sulle preoccupazioni per il futuro o, ancora, su ciò che vorremmo nel presente. Eppure, benché quello che ha da dire sia spesso inutile, in qualche modo riesce quasi sempre catturarci con le sue storie e a farci provare emozioni dolorose.
Una cosa fondamentale da capire è che il problema non sono i nostri pensieri. Essi sono semplicemente immagini e parole della nostra testa; è il modo in cui reagiamo ad essi che costituisce la radice del problema.
Lo smog dei pensieri
A volte è come se fossimo immersi in uno smog psicologico che non dipende tanto dal tipo di pensieri che abbiamo, ma da come rispondiamo ad essi: è il prenderli come veri e assoluti che crea lo smog.
La differenza tra lo smog vero e lo smog psicologico è che quando camminiamo nell’aria irrespirabile delle nostre città ne siamo abbastanza consapevoli. A chi non è capitato di salire su un’altura immersa nel verde e nel cielo azzurro e di vedere più sotto, sulle case della nostra città, una striscia grigia aleggiante e incupente. Questo tipo di smog lo possiamo osservare e possiamo decidere di allontanarcene. Ma cosa succede con lo smog psicologico?
Nella maggior parte dei casi ci siamo immersi, ma non ce ne rendiamo conto. Ad esempio, riusciamo a perderci per ore nelle preoccupazioni, nel risentimento, nell’analisi dei nostri problemi e nell’anticipazione di ciò che potrebbe succedere.
Fusione e defusione
Il primo passo, non sempre facile, consiste nel NOTARE quando e quanto siamo fusi, cioè assorti e occupati nei nostri problemi. E’ quello che nell’ACT (Acceptance and Commitment Therapy – Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno) viene definito: “FUSIONE”.
Così come i metalli si possono fondere insieme, noi facciamo la stessa cosa con i nostri pensieri e questo stato crea un effetto enorme su di noi. A volte possono sembrarci verità assolute, ordini che dobbiamo seguire, minacce che dobbiamo eliminare o qualcosa a cui dobbiamo dedicare tutta la nostra attenzione.
La via di uscita è praticare la “DEFUSIONE”: già solo l’atto di notare che siamo fusi è il primo passo per renderci conto che siamo immersi nello smog psicologico. Se non lo notiamo, difficilmente riusciremo a tirarcene fuori e, tendenzialmente, prenderemo per vero tutto ciò che i pensieri ci dicono sulla realtà che ci circonda o su noi stessi. Con la defusione, li vediamo per quello che sono: niente di più e niente di meno che parole e immagini. È un po’ come fare un passo indietro: lasciamo che siano presenti, ma non permettiamo che modifichino la nostra vita ed influiscano sul nostro benessere.
Pensieri utili ed inutili
Quando i pensieri sono utili e ci aiutano a chiarire i nostri valori, a fare progetti e ad intraprendere azioni efficaci per arricchire e migliorare completamente nostra vita, noi non lasceremmo ugualmente che ci controllino, ma permetteremo che ci guidino. Questo tipo di pensieri è bene che stiamo con noi.
Quando invece sono inutili, anziché far di tutto per liberarcene (cosa che crea un effetto rebound come un boomerang), dobbiamo lasciare che ci siano e prenderne le distanze. In questo caso la defusione ci aiuta a notare che siamo immersi in una nuvola di fumo e immediatamente, già nel fare questo, ci aiuta un po’ a far sì che si dilegui.
Defondersi non è pensare in positivo
La defusione non equivale a pensare in modo più positivo. Questo non farà smettere le nostre menti dal creare ogni genere di storia dolorosa o inutile. Imparare a pensare in maniera positiva è un po’ come imparare una nuova lingua: puoi apprendere a parlare, leggere e capire benissimo l’inglese, lo spagnolo o qualunque altro genere di linguaggio, ma questo non ti farà mai dimenticare l’italiano.
Pensare in maniera positiva, non ci aiuterà quindi a non fonderci dalla nostra mente. L’approccio più utile è invece capire dove essa è andata, in quali storie ci sta portando e come noi stiamo reagendo.
La strategia successiva sarà quella di riportarci alla realtà: non possiamo impedire a quella voce dentro la nostra testa di raccontarci storie, ma possiamo imparare a prendere le distanze, non lasciarci guidare e viverci con maggiore consapevolezza il presente che ci circonda.
L’Acceptance and Commitment Therapy (Terapia dell’Accettazione e dell’impegno)
Questa e altre tecniche fanno parte dell’ ACT, una delle “terapie di terza generazione” della Psicologia cognitivo comportamentale. Prendendo spunto dagli importanti presupposti di questa forma terapeutica, l’ACT ci da strategie pratiche per defonderci dalla nostra mente e riprendere il contatto con ciò che conta davvero, a concentrarci sull’ unica realtà che abbiamo a disposizione (ossia, il presente) e a compiere piccole azioni in direzione dei nostri valori.
Sta a noi decidere notare lo smog psicologico, prenderne le distanze e, salendo sulla vetta della nostra mente, gustare l’aria più pulita.
Per saperne di più:
Dott.ssa Michela Arru
Psicologa e psicoterapeuta
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