Disturbi del sonno

Nel corso della vita, a tutti è successo di trascorrere, almeno occasionalmente, qualche notte senza riuscire a dormire. Il giorno dopo ci si sente più stanchi, irascibili o apatici. Ora immaginate se questa situazione si protraesse per più e più giorni. Gli effetti sulla vostra vita inizierebbero a farsi sentire, fino a riconoscere questa difficoltà come un vero e proprio problema.

Questo è ciò che succede a chi soffre di disturbi del sonno, una patologia più comune di quanto si creda. Essi hanno a che fare con l’impossibilità di ottenere un sonno sufficiente e ristoratore ed influiscono sulla capacità di addormentarsi, di rimanere addormentati, di stare svegli o su comportamenti insoliti durante il sonno, come il sonnambulismo.

​Tale problematica può colpire uomini e donne, adulti e bambini di ogni età, tanto che si calcola che ne soffrano – in modo occasionale o cronico – oltre il 25% degli adulti e il 21% dei bambini.

​Disturbi del sonno: tipologie

Secondo il DSM IV, i Disturbi del sonno si possono dividere in due gruppi principali: ​​

Dissonnie , che incidono sulla quantità e|o qualità del sonno, comprendono:

  • insonnia
  • ipersonnia
  • narcolessia
  • disturbo del sonno correlato alla respirazione
  • disturbo del ritmo circadiano del sonno

Parasonnie , che consistono in eventi anomali o indesiderati che avvengono durante il sonno, comprendono:

  • incubi
  • terrori notturni
  • sonnambulismo
  • sindrome da gambe senza riposo
  • bruxismo (digrignamento dei denti)
  • enuresi notturna

I sintomi

​Pur manifestandosi in modo differente, i vari disturbi del sonno presentano alcuni sintomi fisici e psicologici comuni come:

– sintomi fisici più comuni sono:

  • stanchezza
  • abbassamento della soglia del dolore
  • astenia
  • tachicardia
  • tensioni muscolari
  • malessere fisico generale
  • sonnolenza

– sintomi psicologici più comuni sono:

  • difficoltà di attenzione e concentrazione
  • stanchezza cronica
  • umore basso o instabile
  • inerzia e apatia
  • nervosismo e irritabilità
  • aumentata preoccupazione per il sonno (“sleep effort syndrome”)

​Le cause

​Alla base di una scarsa qualità del sonno possono esserci diversi fattori che vanno ad incidere sul normale ritmo sonno-veglia. Le cause possono essere di natura fisiologica, ambientale, neurologica e psicologica. I disturbi del sonno possono infatti essere la punta dell’iceberg di disturbi psicologici, come il disturbo dell’umore (depressione), l’ansia, oppure di dinamiche ambientali (separazioni e conflitti) che necessariamente vanno ad incidere sul sonno. Oppure sono dovuti ad alcune caratteristiche di personalità (rigidità, perfezionismo, scarsa autostima) che portano la persona ad amplificare la sintomatologia quando si verifica e a cronicizzarla. Anche determinate malattie fisiche (come della tiroide, a scompenso cardiaco o a ipertensione arteriosa) possono rendere il sonno difficoltoso. Infine anche l’uso di caffè, l’alcool, la nicotina, i cibi pesanti e l’attività sportiva nelle 3-4 ore prima di coricarsi.

​​L’insonnia

Sicuramente fra tutti questi l’insonnia è uno dei disturbi più diffusi nella medicina generale. Essa è caratterizzata da una reiterata difficoltà di inizio, durata, mantenimento o qualità del sonno tale per cui la persona non riesce a dormire quel numero di ore (quantità che varia da persona a persona) necessarie per farla sentire riposata ed in grado di affrontare la giornata. Ci sono tre tipi di insonnia, a seconda di quando si manifesta nel ciclo del sonno: iniziale, se si fa fatica ad addormentarsi; centrale, quando il sonno è intervallato da risvegli continui, anche piuttosto prolungati; tardiva, se ci si sveglia durante la notte e non si riesce più a riprendere sonno. Un’altra distinzione va fatta in base alla durata del disturbo, che può essere di tipo transitorio (non più di una settimana), a breve (fino a tre settimane) o a lungo termine (oltre le tre settimane). Sono soprattutto le donne a esserne colpite.

​La terapia dei Disturbi del sonno

​Tendenzialmente nella cura dei disturbi del sonno vengono prediletti i farmaci. Quest’ultimi, oltre a non essere strettamente necessari in un gran numero di casi, non consentono di cambiare né abitudini del sonno errate, né pensieri e comportamenti che possono influire sul disturbo.

​Per questo motivo, gli approcci cognitivo comportamentali vengono sempre più prediletti per la gestione di questa problematica. La Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC) mira ad insegnare tecniche per ridurre la tensione (ad es. mediante il Rilassamento Progressivo di Jacobson), cambiare i comportamenti errati che influiscono sul sonno, ridurre l’attivazione cognitiva dovuta ai pensieri e gestire gli effetti dell’insonnia (Perlis et al., 2012).

​A questo riguardo la CBT-I, Cognitive Behavioural Therapy for Insonnia, si è rivelata il trattamento di elezione per il disturbo, in quanto agisce sull’igiene del sonno implementando il benessere percepito e la qualità di vita. Studi clinici hanno dimostrato che il 70-80% degli insonni beneficia di questo approccio e favorisce nel 90% dei casi la riduzione o l’eliminazione dell’uso di farmaci ipnoinducenti. Il suo successo dipende ovviamente da quanto fedelmente si seguono le prescrizioni del terapeuta durante il trattamento.

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