Dermatillomania e Tricotillomania
La Dermatillomania e la Tricotillomania sono due disturbi poco conosciuti sebbene molto più diffusi di quanto si pensi. Nel DSM V (il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) entrambi compaiono sotto l categoria di “Disturbi Ossessivo Compulsivo ed altri disturbi ad esso correlati”, a sottolineare la caratteristica condivisa di pensieri ossessivi e di comportamenti reiterati.
La Dermatillomania
La dermatillomania, detta a anche “disturbo da escoriazione” (skin picking), è una problematica presente tra i 2 ed il 4 percento della popolazione. Essa causa vere e proprie lesioni cutanee che possono causare cicatrici visibili sulla pelle. I soggetti che ne soffrono tentano di controllare o cercare di interrompere il proprio comportamento senza riuscirci, il che crea un forte disagio con ricadute sul piano sociale e lavorativo o in altre importanti aree del funzionamento della persona. Tendenzialmente il comportamento è messo in atto in assenza di altre persone poichè la persona prova un profondo disagio all’idea di manifestare questo problema.
La Tricotillomania
La tricotillomania consiste nello strappare in maniera ripetitiva i propri capelli e/o peli. Generalmente a causa dello strappo, la persona presenta aree prive di capelli e/o peli, solitamente localizzate sul lato opposto rispetto alla mano dominante. I capelli possono essere rimossi completamente, oppure attorcigliati o spezzati a differenti distanze dal cuoio capelluto. Questo determina spesso una debolezza capillare e zone di capelli spezzati. Coloro che si tirano i peli, invece, possono presentare zone glabre (prive di peluria), assenza di ciglia e sopracciglia o rarefazione dei peli pubici.
Lo stile comportamentale di entrambi
Nella pratica clinica si riconoscono due modalità comportamentali:
1.Focalizzato
Il comportamento è intenzionale, con affinità fenomenologiche con i rituali del disturbo ossessivo-compulsivo: la persona ricerca consapevolmente ed intenzionalmente determinate zone, mettendo in atto il comportamento in maniera consapevole e in risposta ad eventi o a stati emotivi negativi, come ad esempio ansia, stress, frustrazione e tristezza.
2. Automatico
Il comportamento non è emesso in modo consapevole e la persona se ne rende conto solo quando l’atto è stato completato. Per questo motivo, la sensazione, è simile a quella di entrata in uno stato di trance o dissociazione. In questi casi la persona non sperimenta nè l’impulso ad agire nè le sensazioni precedenti all’azione. Il soggetto è quindi impegnato in un’altra qualsiasi attività, spesso sedentaria o annoiante.
Conseguenze
- SOCIALI: Sia nel caso della dermatillomania che della tricotillomania, il numero dei siti interessati tende ad aumentare col tempo, spingendo la persona a nascondere tali aree evitando di scoprirsi, utilizzando copricapi e pettinature che nascondano le zone colpite. Oltre che adottare provvedimenti per celare tali aree, possono essere evitate anche situazioni sociali che comportino la loro esposizione (es. andare in piscina, scoprirsi quando fa caldo etc.), determinando una chiusura e ritardando la richiesta di aiuto.
– FISICHE: Inoltre le aree interessate possono col tempo diventare più soggette a dermatiti (nel caso della dermatillomania) o determinare una maggiore fragilità capillare e perdita di capelli.
– PSICOLOGICHE: Solitamente le persone riferiscono di provare una sensazione di vergogna, umiliazione e imbarazzo a causa della loro condizione e soffrire conseguentemente di depressione e ansia.
La terapia cognitivo comportamentale della Dermatillomania e Tricotillomania
I trattamenti possibili per dermatillomania e tricotillomania sono principalmente psicologici e farmacologici. Sarebbe bene prediligere i primi, dal momento che è possibile apprendere delle abilità per gestire lo stimolo di schiacciarsi la pelle o tirarsi i capelli senza dover assumere alcun farmaco. La Terapia Cognitivo Comportamentale è quella più utilizzata in quanto agisce sì sul comportamento, ma anche sulle emozioni e sui pensieri che possono innescarlo.
Dopo una fase di valutazione iniziale, volta ad approfondire, mediante test specifici, le caratteristiche della problematica, verrà insegnato al soggetto come monitorare il comportamento, in modo da ricostruire insieme le situazioni che lo innescano, i pensieri e le emozioni correlati e il comportamento che ne consegue. Il trattamento si avvarrà poi di diverse tecniche con obiettivi specifici: una parte di esse sarà finalizzata ad incrementare la capacità di riconoscere gli antecedenti (ossia cosa avviene prima) del comportamento problema. Altre strategie avranno lo scopo di agire su quest’ultimo sostituendolo con modalità alternative e più funzionali di comportarsi, mediante l’adozione di tecniche ambientali, sensoriali e motorie (controllo dello stimolo e comportamenti alternativi), strategie cognitive (ristrutturazione cognitiva) ed emozionali (autoregolazione fisiologica, rilassamento fisico e gestione sintomi dell’ansia). Infine si concluderà con la fase di prevenzione delle ricadute al fine di ricapitolare le abilità apprese e anticipare le difficoltà future.
Per quanto concerne la tricotillomania, negli ultimi anni è stato formulato il trattamento cognitivo comportamentale integrato (Comprehensive Behavioral Model for Thricotillomania, ComB/TTM di Mansueto e colleghi, 1997;1999). Quest’ultimo si ripropone di usare congiuntamente più strategie al fine di raggiungere il più velocemente possibile il risultato. Oltre a questo tipo di trattamento, la letteratura recente documenta anche la potenziale utilità di due interventi cognitivo-comportamentali di terza generazione, ossia l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy) e la DBT (Dialectical Behavior Therapy).
E’ opportuno sottolineare come, allo stato attuale, non sia possibile affermare in via definitiva quali siano i trattamenti psicologici evidence-based per la tricotillomania; gli studi di efficacia presenti in letteratura sono infatti ancora pochi. L’indicazione però più certa al riguardo è che l’integrazione di tecniche cognitive e comportamentali rappresenti l’approccio più adeguato ed efficace (Falkenstein et al., 2016; Slikboer et al., 2017).