La pandemic fatigue

La pandemia sta mettendo a dura prova la nostra capacità di far fronte alle incognite, alle preoccupazioni e allo stress.

E’ quella che si chiama “pandemic fatigue”, una sensazione naturale di stanchezza e sfinimento dovuta a uno stato di stress prolungato. Essa costituisca una reazione, assolutamente naturale, di fronte a una situazione di cui non si intravede la fine.

A parlare di questa condizione di “fatica da pandemia” è stata la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ed è stata riscontrata in tutti i Paesi del mondo, sia tra le persone che hanno avuto l’esperienza diretta del contagio, sia tra quelle che non sono state contagiate personalmente.

Le diverse reazioni alla pandemia
Chi come me si confronta ogni giorno col malessere delle persone ha avuto la sensazione che le reazioni alla pandemia si siano modificate nel corso dei mesi.

Nella prima ondata del virus, quando ancora poco si sapeva della sua pericolosità e del rischio di contrarlo, l’emozione prevalente è stata la PAURA. Questa reazione è assolutamente naturale e comprensibile, visto che ci siamo trovati davanti ad un pericolo sconosciuto. Ecco allora che la tendenza è stata quella di combattere uniti, di cantare e suonare sui balconi, perché ci trovavamo accomunati nella lotta contro un qualcosa che poco conoscevamo.

Nella seconda ondata si è passati dalla paura alla RABBIA: le limitazioni, le difficoltà economiche e l’incongruenza dei divieti hanno alimentato opposizioni e nagazionismo. Diciamo che il bombardamento mediatico, con opinioni spesso discordanti, unito all’agire in modo eterogeneo in ambito politico ed economico, ha determinato una minor fiducia e credibilità nelle istituzioni e negli interventi da attuare.

Infine arriviamo a quello che ora si rileva maggiormente nelle persone con cui faccio terapia e, in generale, con coloro con cui mi confronto nella quotidianità. Dopo la paura e la rabbia, l’emozione che prevale è la FRUSTRAZIONE e l’impotenza. Questo prolungato stato di stress sta determinando pesantezza, sconforto, passività e apatia, fino ad esitare in quella che si chiama “pandemic fatigue”.

Chi ne soffre
Questa è una condizione da non sottovalutare, in quanto lo stress prolungato porta a conseguenze fisiche (es. riduzione del sistema immunitario, affaticamento, dolori) e mentali (es. sensazione di impotenza, ansia, depressione, insonnia e disturbi psicosomatici). Inoltre è può riguardare chiunque, dai più giovani agli anziani, da chi fa lo smart working a chi non lavora più.

L’impotenza appresa
Quello a cui stiamo assistendo ricorda il concetto di “impotenza appresa” di cui parlava lo psicologo Seligman nel 1967.

All’inizio di una crisi, la maggior parte delle persone è in grado di attingere alle proprie capacità di reazione e questo è connaturato nella natura umana. Tuttavia, quando le circostanze emergenziali si trascinano per molto tempo e la situazione appare immutata, si possono osservare demotivazione, apatia ed esaurimento.

Col termine “impotenza appresa”, Seligman faceva riferimento ad uno stato mentale in cui, un essere vivente, dopo che è stato esposto a frequenti stimoli avversivi, dolorosi o comunque spiacevoli, decide di “lasciarsi andare”, non cerca più alcuna soluzione al proprio malessere e si sente incapace di apportare un qualunque cambiamento.

Seligman e colleghi compresero che tale condizione era caratterizzata da mancanza di: controllo, speranza (stato depressivo) e reazione (impossibilità di apportare cambiamenti).

E’ un po’ come sentirsi in balia del destino, su una barca che viene sballotata dalla corrente e dalle onde, che si preoccupa solo di galleggiare e non riesce dare una direzione di navigazione.

Per questo motivo la “pandemic fatigue”, soprattutto nei casi gravi, arriva a manifestarsi con sintomi depressivi e ansiosi che impediscono la conduzione di una vita soddisfacente.

I sintomi più comuni
I sintomi possono variare da persona a persona ed essere più o meno intensi a seconda delle circostanze, della storia di vita e dalle esperienze personali (pensiamo per esempio a chi ha avuto un familiare ammalato di Covid).

A livello psicologico si può esperire:
• ansia e/o panico
• agitazione e irrequietezza
• sbalzi di umore
• rabbia
• tristezza e abbattimento
• voglia di libertà
• rifiuto delle norme imposte
• rassegnazione, demotivazione e apatia
• procrastinazione
• passività agli eventi
• negazione del problema

A livello fisico:
• tachicardia
• insonnia
• perdita di appetito/ fame emotiva
• dolori fisici
• affaticamento e stanchezza

In questo scenario, l’Aifa (Agenzia Italiana del farmaco) pubblica il report del 2020 con un accresciuto uso di ansiolitici e psicofarmaci. Ciò dimostra che il malessere delle persone ha raggiunto un livello tale da compromettere la loro qualità di vita ed indurli ad assumere farmaci.

Assunti per un lungo periodo, essi rappresentano una passiva soluzione del problema e un tentativo di spegnere il sintomo. Sarebbe meglio, invece, far ricorso ad altre tecniche psicologiche che facendoci riprendere il contatto con ciò che conta per noi e agendo sempre in quella direzione, ci aiutino ad imparare abilità per stare meglio anche in questa situazione di oggettiva difficoltà.

Dott.ssa Michela Arru
Psicologa e psicoterapeuta

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