Volerci bene con misura ci aiuta nelle relazioni con gli altri e migliora il nostro senso di realtà. Non ha a che fare con il narcisismo che invece è un problema di personalità innescato dall’insicurezza che trascende nella vanità.
Tutti conoscono il mito di Narciso, ma in pochi conoscono mito di Eco. Narciso ed Eco rappresentano infatti i due estremi dell’amore: l’amore di sé che ignora completamente l’altro, e l’amore per l’altro che porta ad ignorare completamente stesso/a. Secondo voi qual è la forma peggiore?
Rivediamo cosa dice il mito. Narciso era bellissimo e coloro che l’incontravano, femmine e maschi, giovani e adulti, se ne innamoravano, ma lui respingeva sempre tutti. Eco, era una donna, che era stata punita dalla dea Era rendendole impossibile parlare, se non ripetendo le ultime parole ascoltate (da qui il nome “Eco” per il fenomeno acustico del ripetersi di un suono).
Un giorno vide Narciso e, come tutti, se ne innamorò. A causa della sua condizione però il dialogo produsse una serie di equivoci, fino a quando lei gli andò incontro per abbracciarlo, ma lui si ritrasse sdegnato dicendole: «Toglimi le mani di dosso! Vorrei morire piuttosto che darmi a te!». La povera Eco poté solo rispondergli «darmi a te» (appunto ripetendo le ultime parole) e scappò via in preda alla una vergogna.
Un giorno, quanto Narciso capitò davanti a una fonte cristallina e, vedendo la sua immagine specchiata nell’acqua, se si innamorò, il che lo portò a macerarsi a sua volta per un amore impossibile e a morirne.
Entrambi, comunque, muoiono per amore: lei per aver amato troppo un altro, lui per aver amato troppo se stesso. Il loro mito ci consegna il dilemma dell’amore di sé: quando è “normale” e quando diventa “patologico” o comunque disfunzionale?
Anticamente l’amore per se stessi è spesso considerato l’origine di tutti i mali. Il primo dei sette vizi capitali, la superbia, non è altro che uno sconfinato amore di sé. Oltre alla religione cattolica, tutte le tradizioni spirituali sono unanimi nel sottolineare la necessità della liberazione dall’ego. Anche il Buddha pone l’origine del dolore nella brama, in quanto manifestazione più immediata dell’ego e Gandhi conviene: «Se potessimo cancellare l’Io e il Mio dalla religione, dalla politica, dall’economia eccetera saremmo presto liberi e porteremmo il cielo in terra».
Le cose però non sono così unilaterali come appare. Dall’atro lato della medaglia, rinnegare se stessi per l’altro porta alla sofferenza, esattamente come avviene se mettiamo sempre noi stessi al primo posto. Il problema sta nelle dosi, esattamente come le ricette in cucina!
Il sé di ognuno di noi, va ascoltato e preservato. Quando Gesù formulò il comandamento dell’amore per il prossimo, mise di base proprio l’amore di sé, infatti disse: «Amerai il tuo prossimo “come” te stesso». Il che significa che non si può amare il prossimo se prima non si ama se stessi, e che quindi esiste un più che legittimo amore di sé.
Siamo quindi al cospetto di un’antinomia: da un lato c’è la lotta contro il proprio sé eccessivo (narcisismo), dall’altro se ne incoraggia la coltivazione (nel caso di mancanza di autostima).
Tale contraddizione si rivela anche nel linguaggio comune nel quale c’è un modo di dire “IO” che è il segno più evidente di egocentrismo narcisistico, ed esiste tuttavia anche l’estremo opposto di chi non dice mai io per rifugiarsi sempre dietro l’autorità altrui senza mai esporsi in prima persona. Se il primo estremo segnala egocentrismo, il secondo è mancanza di autonomia. Quale rapporto quindi dobbiamo avere con noi stessi?
Ci vuole un equilibrio. Alcune volte prevarrà uno, in altre, l’altro. L’importante è non cadere negli estremi di Eco e di Narciso. Viviamo in una società improntata all’apparire. Bisogna essere belli, efficienti e di successo, anche a costo di cadere in forme patologiche di modificazione dell’immagine di sè. Sembra essere una società “narcisistica”, ma l’amore di sé quindi non è sempre così frequente come si immagina. Ci sono molte persone che vivono nella non accettazione della propria realtà desiderando essere diversi da quello che sono e cercando un altro posto del mondo, un’altra famiglia, un altro corpo, un altro carattere, un altro io. E forse è proprio questa la molla che li porta ad apparire diversi.
E’ necessaria una coesistenza di amore per sé/amore per l’altro secondo una prospettiva dialettica per cui non c’è: amo me stesso o amo l’altro, ma esiste amo me stesso e amo l’altro.
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