Fortuna, sfortuna..chi può dirlo?
Il modo in cui vediamo la realtà dipende da noi
Ho deciso di pubblicare questa storiella zen perché in questo periodo, più che mai, assistiamo ad eventi e leggiamo notizie che ci disorientano e che possono farci esclamare: “che fortuna” o “che sfortuna”.
Storiella zen: “Fortuna, sfortuna..chi può dirlo?”
C’era una volta in un lontano paesetto un povero contadino che traeva di che vivere da un campicello che lavorava assieme alla moglie e al figlio e con l’aiuto di un cavallo. Un giorno il recinto venne lasciato inavvertitamente aperto e il cavallo fuggì. I vicini, appresa la notizia, esclamarono: “Poveretto, che sfortuna, e adesso come farai a lavorare?”.
Il contadino rispose: “Sfortuna, fortuna, e chi può dirlo!” I vicini restarono perplessi nel sentire quella strana risposta. Dopo qualche settimana il cavallo che era scappato tornò portandosi dietro una mandria di cavalli selvaggi che furono rinchiusi nel recinto. I vicini, vedendo tutti quei cavalli, esclamarono: “Che fortuna!”. E il contadino ancora una volta rispose: “Fortuna, sfortuna, e chi può dirlo!”.
I vicini restarono ancora più perplessi nel sentire quella risposta. Dopo qualche giorno, mentre il figlio stava domando uno dei cavalli, cadde a terra e si ruppe un piede. I vicini subito esclamarono: “Che sfortuna, e adesso come fai?!”. E il contadino ancora una volta rispose: “Sfortuna, fortuna, e chi può dirlo!”.
I vicini non sapevano più che cosa pensare del vecchio. “Forse è matto!”, pensarono. Dopo qualche settimana comparvero in paese alcuni soldati che reclutavano i giovani validi per la guerra. Quando entrarono nella capanna trovarono il giovanotto zoppicante e naturalmente lo scartarono, mentre tutti gli altri giovani furono reclutati. I vicini non ci videro più: “Che mazzo, che fortuna!” E il vecchio contadino ancora una volta rispose imperturbabile: “Fortuna, sfortuna, e chi può dirlo”.
E gli uomini di quel villaggio capirono che, oltre alle apparenze, la vita ha altri significati e che, molti di questi, dipendono da come noi vediamo la realtà.
Torniamo a noi…
In questi giorni la chiusura delle scuole è stata vista da molti studenti come una decisione positiva: niente lezioni, zero interrogazioni, pochi compiti. Però, col passare dei giorni e svanito l’entusiasmo della prima settimana, ha iniziato ad affacciarsi la noia. Anche per gli adulti c’è stata un’alternanza di visione positiva/negativa. Se devo prendere un mezzo pubblico o recarmi in qualche luogo, ci sarà meno gente (il che è una cosa positiva), ma non posso stringere la mano e abbracciare gli amici. In più le ultime ordinanze sul Coronavirus hanno determinato la chiusura di musei, cinema, stadi, negozi non alimentari e altri luoghi pubblici d’intrattenimento, quindi nonostante vi sia più tempo a disposizione, abbiamo meno possibilità di spenderlo all’aperto e ci dobbiamo ri-inventare delle attività da fare al chiuso. Per alcuni questa situazione ha determinato pian piano una visione meno positiva di questo momento. Altri, invece, hanno deciso di sfruttare questo momento per riprendere vecchie passioni, svilupparne di nuove o apprendere nuovi modi per gestire il proprio tempo a casa.
Cosa ci insegna dunque questa storiella?
In ogni cosa che facciamo, ciò che cambia è la nostra visione. Sono rare le cose intrinsecamente positive o negative. Tutto dipende dall’ interpretazione che noi facciamo della realtà, quindi dai nostri pensieri.
PAZIENZA e SPERANZA sono due rifugi sicuri in caso di contrarietà della vita, perché ci permettono di andare avanti senza dare eccessivo peso ad una situazione che, apparentemente negativa, potrebbe evolversi positivamente.
Coraggio quindi! Cerchiamo di trovare nuovi modi per gestire il tempo a disposizione. Alla fine di tutto, questo periodo, ci avrà fatto capire e scoprire nuove capacità che magari non pensavamo neanche di avere.
Dott.ssa Michela Arru
Psicologa e psicoterapeuta
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