Elogio alla lentezza

“Voglio sapere perché sono così lenta” sussurrò la lumaca
Allora il gufo aprì i suoi occhi enormi e rotondi e disse:
“Sei lenta perché hai sulle spalle un grande peso”.

La lumaca trovò la risposta poco convincente:
il guscio non le era mia sembrato tanto pensante,
non la stancava portarlo, né aveva sentito altre lumache lamentarsene.

Allora il gufo disse: “Tu sei una giovane lumaca e tutto ciò che hai visto,
tutto ciò che hai sentito e provato, amaro e dolce, pioggia e sole, freddo e notte,
è dentro di te e pesa; ed essendo così piccola quel peso ti rende lenta”.

“E a cosa mi serve essere così lenta?” sussurò allora la lumaca.
“A questo non ho risposta. Dovrai trovarla da sola”, disse il gufo.

(L.Sepulveda)

Questa storia ci porta a riflettere sull’importanza di rallentare.
Viviamo in un periodo storico in cui è richiesta produttività, rapidità nella risposta e un prendere in considerazione tante cose contemporaneamente. Vediamo il multitasking come una grande qualità della specie umana, il che ci porta ad agire anticipando la soluzione di problemi e difficoltà o ripensando al passato, nel mentre che facciamo delle azioni nel presente.

Tutto questo fare più cose nello stesso momento (es. posso ordinare su Amazon un oggetto mentre sto mangiando, guardando la tv o facendo altro) ci ha resi sempre più incapaci di gestire i momenti lenti che talvolta la vita ci propone.

Anche io ero solita pianificare, anticipare e svolgere attività diverse in contemporanea, fino a che la Fibromialgia, una sindrome che produce dolore cronico diffuso, insieme ad altri sintomi collaterali (es. cefalea, problemi gastrici, difficoltà del sonno etc.), mi ha obbligato a fermarmi, a sentire il corpo anche se la mente andava oltre. Non potevo più ignorare il dolore e la stanchezza, dovevo arrivare ad un certo punto in cui era necessario rinunciare, anzichè aggiungere cose da fare.

A quanti sarà capitato di andare in un posto e approfittarne per passare a fare la spesa, ritirare i soldi allo sportello del bancomat e, nel frattempo, scrivere ad un’amica un messaggio? Io ero così, se si vuole, un po’ iper-attiva, capace d’incastrare più impegni e commissioni in modo da stare sempre un passo avanti.

Ma poi la vita t’insegna che devi apprezzare anche i momenti lenti, se non quelli in cui devi stare proprio ferma. E questo può succedere quando la malattia entra nella tua vita, quando accade un lutto, una perdita o una grande delusione per una cosa o una persona a cui tenevi.

Sono quelli i momenti in cui, dovendoti fermare, impari delle cose su te stessa/o: inizi a spostare l’attenzione dal fuori al dentro, dal fare all’essere.

E un po’, come la lumaca, può capitare di sentirsi lenti o rallentati, senza talvolta riuscire nemmeno a mettere bene a fuoco cos’è che ci ferma. Possiamo stare in una condizione di malessere senza però ricondurlo a niente di specifico..o forse non vogliamo capire cosa ci sta dietro, perché ci obbligherebbe a rivedere il nostro ruolo, il rapporto con le persone, a togliere degli equilibri che, anche se disfunzionali, tengono in piedi una parte della nostra vita.

E a cosa serve quel rimanere fermi e rallentare?
Per ognuno di noi potrà significare una cosa diversa. Per me è stato un rendermi conto che dovevo pensare a me stessa e non solo a curarmi di chi avevo attorno. Questo ha significato il dire qualche no in più, ascoltarmi maggiormente o chiudere alcuni rapporti. Per altri potrà significare il comprendere che è necessario fare dei cambiamenti nella propria vita che, anche se spaventano, vanno in direzione dei propri valori e dello smuoversi da una situazione che apporta infelicità.

Di sicuro il rallentare richiede il dover passare attraverso una fase non facile, piena di tante domande, ma con poche risposte; ma è anche grazie a quella fase che si può avere il tempo di riflettere e di rivolgersi a se stessi.

E alla fine riuscirai anche ad elogiare quella lentezza che all’inizio ti sembrava tanto scomoda.

Dott.ssa Michela Arru
Psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale

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