Attività con gli anziani: “Disegna la tua malattia”

A volte per esprimere una condizione psichica non bastano le parole. Abbiamo bisogno di tirar fuori emozioni, sensazioni, bisogni anche in altri modi, come ad esempio attraverso il disegno.

In questa attività proposta agli anziani dell’Associazione Moncalieri ho chiesto di raffigurare con il tratto grafico cosa fosse per loro la malattia , sia psichica che fisica. Dalla condivisione che ne è seguita è emersa la sofferenza ed il disagio del sentirsi dire che si è malati.

Per alcuni è stata come una spada di Damocle, uno spartiacque che ha diviso la vita in un “prima” (ero sano) e in un “dopo” (sono malato). Questo è stato tanto più sentito quando la malattia diagnosticata non era fisica, ma psichica.

Quello che hanno riferito in questi casi è lo stigma, il sentirsi additati come pazzi o, talvolta, incolpati per non avere la forza di uscirne. Pensiamo ad esempio alla depressione, all’ansia, alle ossessioni. Non tutti sanno che non è questione di forza di volontà, che non basta “uscire, sorridere e pensare che la vita sia bella” per tornare a stare bene.

La malattia non coinvolge solo colui che ne soffre, ma anche coloro che condividono con lui la vita: caregiver, familiari e amici. Anche loro si possono trovare in difficoltà e non saper cosa fare per dare aiuto: alcuni stanno in disparte, come in un atteggiamento di freeze per paura di sbagliare, fare o dire la cosa sbagliata; altri manifestano ansia, preoccupazione e vicinanza eccessiva, nel tentativo di risolvere il malessere della persona che hanno vicino.

E lo psicologo?
Purtroppo ancora è visto come colui che cura gente strana, patologica o che si fa troppi problemi senza ragione. Non è un professionista alla stregua del dentista, del ginecologo o dell’oculista. Come il cardiologo cura il cuore, lo psicologo cura la mente. Questo non significa essere affetti da qualcosa di grave ed irrecuperabile, ma apprendere stategie e tecniche per comprendere, gestire e venir fuori dalle proprie difficoltà.

Per quanto si sia in parte ridotto rispetto ad un tempo, esiste ancora un retaggio culturale per cui lo psicologo debba essere l’ultima spiaggia, quando non ci sono altre soluzioni; oppure come qualcuno con cui fare due chiacchiere per liberarsi dalla emozioni.
La psicoterapia è cambiata molto rispetto al passato e ad oggi non tutti sanno che ci sono protocolli validati scientificamente usati in tutto il mondo e tecniche consolidate da trasferire alle persone per renderle autonome e capaci di far fronte alle difficoltà da sole.

Attività come questa aiutano a condividere cosa si prova. Ecco allora che la parte del corpo che viene rappresentata di più può essere il cuore: un cuore colmo di angoscia, tanto da diventare grande o essere colorato di nero all’interno di un corpo bianco. Oppure una casa, dalla facciata anch’essa nera, perchè ci sono i momenti di malinconia e solitudine, dove ci si chiude nel proprio dolore e nulla sembra degno di esser apprezzato. O, ancora, la sofferenza sembra infinita e viene rappresentata come un susseguirsi di pallini tutti uguali, senza colore o neri per la tristezza.

Ringrazio loro per aver condiviso con me tutto questo, per avermi fatto entrare un po’ nelle loro emozioni e comprendere cosa provano nel loro malessere. Spero che questa e altre attività del genere li facciano sentire meno soli e chiusi nella sofferenza.

Dott.ssa Michela Arru
Psicologa e psicoterapeuta

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