Storia di una rana e la paura del giudizio degli altri

Vi è mai capitato di farvi condizionare dal giudizio altrui? Probabilmente sì. Almeno a tutti, nella propria vita, è capitato. È molto importante non farci influenzare da l’opinione di chi ci sta attorno e non scoraggiarsi. Possiamo cercare di esser “sordi” e non ascoltarli, un po’ come la rana di questa storia.

La storia di una rana
Una volta all’anno, nel regno delle rane, veniva organizzata una gara di arrampicata. Il traguardo era sempre diverso. Quell’ anno bisognava arrivare in cima ad una vecchia torre. Tutte le rane dello stagno si radunarono per assistere all’evento. Fu dato il via.

Le spettatrici, valutando l’altezza della torre, pensarono che fosse un obiettivo irraggiungibile per le concorrenti e commenti si sprecavano:
“Impossibile non ce la faranno mai”
“Con il loro fisico non hanno speranze”
“Si disidrateranno prima di arrivare lassù”

Sentendole, le concorrenti iniziarono a scoraggiarsi, una dopo l’altra, tutte tranne una, che coraggiosamente cominciò la salita.
Nel frattempo le rane spettatrici continuavano a dire: “Non ne vale proprio la pena! nessuna può farcela! Guardate, hanno rinunciato quasi tutte!”

Alla fine anche le poche coraggiose si arresero; tranne una, che rimasta sola, continuava a salire contro tutto e tutti. Con un enorme sforzo, alla fine raggiunse il traguardo.
Le altre rane, stupefatte, volevano sapere come ci fosse riuscita. Una di loro si avvicinò per chiederglielo e scoprì che la vincitrice era… sorda!

Da dove nasce l’attenzione al giudizio degli altri
La paura del rifiuto e il dare una bella immagine di sé sono esperienze che accomunano tutti noi. Esse affondano le origini del nostro patrimonio genetico perché, per una questione evoluzionistica, il vivere in gruppo dei nostri antenati permetteva loro di ridurre i rischi per la sopravvivenza.

Il nostro cervello si è perciò evoluto identificando come una minaccia l’eventualità di essere allontanati, espulsi o rifiutati. Anche se oggi esserne esclusi non mette a rischio la nostra vita, è normale che ognuno dia grande importanza all’essere accettati dagli altri.

Il risvolto della medaglia
Alcune persone però modificano sé stesse, fino ad annullarsi, nel tentativo di evitare i commenti e le critiche, a cui per altro non c’è modo di sottrarsi perchè è insito nella natura umana esprimere dei pareri.

Alcuni lo fanno perché non credono in noi, perché vorrebbero cambiarci o indurci a fare qualcosa di diverso; altri esprimono semplicemente dei commenti e dipende da noi come li percepiamo, il senso che gli diamo e quanto decidiamo di cambiare; altri ancora proiettano su di noi le proprie paure e insicurezze, non riuscendo a gestire l’ansia di starci accanto in un possibile fallimento e volendo proteggerci ed evitarci ogni sorta di sofferenza.

A prescindere dall’intento di chi fa una critica o un commento, l’importante è chiederci prima di tutto noi cosa vogliamo per noi stessi. L’opinione altrui può essere giusta o sbagliata, ma se continueremo ad uniformarci all’immagine che gli altri hanno di noi, rischieremo di non esser felici e non è detto che così metteremo a tacere i pareri. Inoltre, continuando su questa strada, riusciremo sempre meno a capire chi siamo e cosa vogliamo per noi.

Il trattamento della paura del giudizio
La Terapia cognitivo comportamentale è l’approccio d’elezione per lavorare su questa difficoltà. Dopo aver compreso le origini di tale timore, si lavora sulla consapevolezza dei pensieri, delle emozioni e dei comportamenti relativi al timore del giudizio altrui e s’insegna a monitorarli e poi modificarli. Si faranno anche tecniche pratiche per la gestione dell’ansia, si apprenderanno elementi di assertività (per gestire adeguatamente gli altri) e si affronteranno gradualmente situazioni sociali temute.
E’ possibile imparare ad “esser un po’ più sordi ai giudizi altrui”, basta lavorarci con le adeguate tecniche.

Oscar Wilde diceva:

“Solo io posso giudicarmi. So il mio passato, so il motivo delle mie scelte. Io so quello che ho dentro, io so quanto ho sofferto, so quanto posso essere forte e fragile, io e nessun altro”.

Dott.ssa Michela Arru
Psicologa e psicoterapeuta

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