Psicofarmaci: dubbia efficacia ed interessi economici
Recentemente mi sono recata alla mostra: “Diritti umani e psichiatria: passato, presente e futuro”. L’esposizione multimediale, curata dal Comitato per i diritti dei diritti umani”, dà una visione molto critica di una certa parte della psichiatria, tesa più a somministrare i farmaci e a “spegnere” il sintomo che a curarlo.
Sempre più spesso i medici tendono a ricorrere agli psicofarmaci per curare ogni tipo di problematica psicologica, da quella più grave, ad esempio la schizofrenia (e in questo i farmaci sono assolutamente comprensibili), a quella meno grave, come nel caso dell’ansia. Negli ultimi anni, la vendita di benzodiazepine, i comuni farmaci (come Xanax, Lexotan, Tavor etc.) è cresciuta in modo esponenziale.
Quello che nella mostra viene sottolineato è che i medicinali non curano la malattia, ma spengono il sintomo. Le persone diventano spesso dipendenti dai farmaci e non apprendono alcuna abilità pratica per gestire la propria problematica. Purtroppo sono ancora pochi gli psichiatri che prescrivono un trattamento psicologico congiuntamente a quello farmacologico.
Se in alcuni casi, infatti, il connubio psicologia e farmaci è comprensibile (pensiamo per esempio a casi di grave depressione con intenzioni suicidarie), in molti altri basterebbe consigliare un trattamento psicologico. Certo, è più facile prendere una pastiglia che lavorare su di sé, mettersi in discussione, cambiare le proprie abitudini comportamentali e di pensiero disfunzionali. Solo con un lavoro psicologico la persona impara a gestire il proprio problema e a non conviverci facendo finta che non esista.
Richard Friedman, psichiatra e psicofarmacologo, docente di Psichiatria Clinica al Weill Cornell Medical College, autore dell’ articolo apparso sul New York Times intitolato: “Psychiatry identity crisis”, sostiene che è arrivato il momento di dare più spazio alla psicoterapia.
Le ragioni sono riassumibili in tre punti:
1) Innanzitutto, per molti disturbi, l’efficacia della psicoterapia, o meglio di alcuni interventi psicoterapici, è maggiore dei farmaci.
2) In secondo luogo, non sembra proprio che disturbi molto diffusi, come i disturbi di personalità, siano curabili con i farmaci, mentre lo sono con la psicoterapia.
3) Infine, scrive Friedman, in molti casi non c’è un sostituto per la conoscenza di sé che si ottiene con la psicoterapia.
Afferma che: “Certamente come psichiatri, possiamo controllare l’ansia del paziente, migliorarne l’umore e migliorare la psicosi con appropriati interventi farmacologici. Ma non c’è una pillola – e forse non ci sarà mai – per molti problemi dolorosi ed emotivamente distruttivi”.
Inoltre c’è da aggiungere che spesso non vengono spiegati gli enormi effetti collaterali che i farmaci producono (es. aumento di peso, calo del desiderio sessuale, sonnolenza e ottundimento) e non viene data debita attenzione alle cause che hanno generato la problematica.
Si assume che mente e cervello siano la stessa cosa e che curare il cervello significhi curare la mente. E’ indubbio che conoscere il funzionamento del cervello (dei neuroni e dei neurotrasmettitori) sia fondamentale per spiegarci il perché ci comportiamo in un dato modo, ma è sbagliato credere che solo il farmaco permetta il ripristino di alcuni neurotramettitori o connessioni cerebrali.
Durante il “20° Congresso mondiale di Medicina psicosomatica” tenutosi nel 2009 a Torino, si è ribadito come la psicoterapia sia in grado di modificare l’attivazione di aree specifiche cerebrali in modo tale che l’individuo possa gestire meglio emozioni negative quali ansia, panico, depressione, paura” (da La Stampa del 23/09/2009).
Anche Irving Kirsch, professore di Psicologia presso l’Harvard Medical School negli Stati Uniti e presso l’Università di Plymouth nel Regno Unito, ha mostrato in modo inequivocabile che gli antidepressivi di nuova generazione sono poco efficaci, avendo un effetto di poco superiore al placebo.
Nella mostra poi viene dato rilievo al fatto che negli anni molti medici si siano arricchiti con la prescrizione di farmaci perché, alcune industrie farmaceutiche, pagavano tali professionisti per dare le medicine ai loro pazienti. Lucrare sul malessere delle persone è ingiusto.
Dott.ssa Michela ARRU
Psicologa e psicoterapeuta
Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2015/09/psichiatria-crisi-identita/
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